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Gli elementi di transizione che mutuano il passaggio dal manufatto architettonico all'ambiente urbano e al paesaggio rappresentano l'oggetto di interesse di questo saggio che, lungi dal voler tratteggiare un affresco esaustivo delle opere e della vita di Luigi Cosenza, focalizza l'attenzione su precisi nodi delle sue architetture. Chiaro declinatore in linea teorico/didattico degli spazi costitutivi, la sua classificazione riesce tutt'oggi a descrivere con efficacia la sequenza di spazialità che connota ogni singola architettura. Consapevole delle esigenze di carattere funzionale e tecnico di ogni tipologia di manufatto, egli non rinunciava a rendere ricco e complesso il passaggio tra il dentro e il fuori: le precise articolazioni tra spazi eterogenei rappresentano il tratto distintivo di una produzione che ha attraversato con profonda consapevolezza l'intero secolo scorso. La fabbrica, edificio introverso per eccellenza, fu da lui dotata di un nartece, diventando emblematica di un modo di intendere l'architettura, qualsiasi sia la funzione a cui è destinata: architettura come mettere in relazione. L'Olivetti di Pozzuoli, nonostante le alterazioni subite, riesce a comunicare ancora il senso di unitarietà fissato da Cosenza, proprio attraverso la precisazione del rapporto con il paesaggio. Nell'epoca contemporanea la diffusa pratica del riuso invita il progetto di intaccare la corteccia dei manufatti. Alle soglie, ai transiti, agli elementi di transizione, sono affidati costruttivamente la capacità di produrre forme relazionali dotate di senso, di reinventare paesaggi mancati. Da questo punto di vista e nell'ottica di una attività di progettazione operante che voglia connettere intemi non altrimenti comunicanti, la fabbrica continua di Luigi Cosenza si offre come prolifico riferimento.